La paura della paura… ovvero quali sono le situazioni della vita che cerchiamo di evitare? Quali film si dispiegano nella nostra mente per mostrarci esiti drammatici che conseguono a determinate azioni, eventi, incontri?
All’opposto… quali strategie realizziamo funzionali a padroneggiare situazioni che molto probabilmente non si compiranno mai?
Da ultimo, ma non meno importante, “qual’è il sintomo che sviluppiamo per non sentire la paura?”
Proprio così, per non sentire.
La medicina contemporanea si occupa ancora in maniera troppo esclusiva dell’eliminazione del sintomo, facendo perlopiù riferimento ad una logica causale (“perchè si verifica la tal cosa…”).
Un’ulteriore possibilità, che non definirei alternativa, ma integrativa, consiste nel chiedersi “a quale scopo mi sta accadendo tutto questo?”.
Frequentemente non vogliamo sentire una paura. Non vogliamo sentire la paura di rimanere soli, di non realizzarci nel lavoro, di non essere un bravo genitore.
La reazione più naturale alla paura è rappresentata dalla fuga, ritenendo di non poter sopportare un’emozione così intensa e paralizzante, motivo per il quale spegniamo l’interruttore emotivo.
D’altro canto la nostra società ci bombarda di continuo di messaggi del tipo “Non devi avere paura, non arrenderti mai se non vuoi essere un perdente!”.
Ma, come bene insegna il mito di Edipo… il destino è impossibile da evitare, lo possiamo solo affrontare.
“Come comportarsi quindi di fronte alla paura?”
Di getto mi vengono due considerazioni apparentemente opposte ma che ritengo entrambe utili, soprattutto se perseguite in contemporaneo.
1 – Dare valore al diritto di difendersi. Soprattutto quando ci troviamo coinvolti in situazioni che sentiamo eccessive o che ci portano ad uno squilibrio/malessere emotivo, diventa importante ascoltare la nostra parte adulta che ci permette di tutelarci. La paura è un’emozione anche funzionale, nel senso che ci fornisce un limite.
2 – Allenarsi a stare con le piccole paure. Allenarsi non significa dissociarsi, reprimere le nostre emozioni, ma prestare attenzione alle sensazioni che emergono nel corpo e ripristinare il respiro nel momento in cui tendiamo a bloccarlo.
Imparare a stare significa aumentare il nostro grado di presenza e quindi incrementare la nostra padronanza emozionale di fronte alle criticità.