Il conflitto è sinonimo di distruzione? O ci sono modalità di comunicazione che possono garantire il rispetto o addirittura l’evoluzione della persona e della relazione grazie alla diversità ?
Molte sono le persone – nel lavoro e nella vita privata – che mi riportano la delusione, la rabbia, il terrore, la solitudine, la sfiducia, l’impotenza e la prepotenza che vivono nel confrontarsi con le altre persone. I loro vissuti hanno permesso di fare più luce sui miei vissuti, sul miei conflitti interni e sui miei punti ciechi, ovvero dove un polo di questo conflitto viene espulso, rifiutato e proiettato fuori, sull’altro.
Tuttavia, sempre più spesso, amici e pazienti mi parlano dei loro conflitti non solo per “buttar fuori” le emozioni, ma anche perché sono alla ricerca di modalità interattive che permettono di comprendersi e mantenere la connessione, nonostante la presenza di posizioni differenti.
Qualche anno fa, mi sono imbattuta negli scritti di Pat Patfoort, antropologa e biologa fiamminga belga, impegnata nel campo della Trasformazione e della Gestione Nonviolenta dei conflitti e penso che i suoi contributi possano essere di grande aiuto a chi è desideroso di preservare o ritrovare intimità nelle proprie relazioni nonostante le diversità (di idee, di comportamento, di cultura, di scelte).
L’autrice sintetizza il suo pensiero nei due Modelli “Maggiore – Minore” ed “Equivalenza” (Patfoort, 2012), offrendo riflessioni semplici e di vasta portata. Affronta il tema delle origini della violenza nella persona e nei gruppi come degenerazione di un naturale istinto di conservazione, al contempo promuove strategie e stili comunicativi che favoriscono lo sviluppo di soluzioni creative ai conflitti.
Qui di seguito descriverò brevemente il quadro teorico “Maggiore – minore”, che mette in rilievo i meccanismi e le cause che portano a manifestazioni aggressive o violente tra individui.
Innanzitutto è bene sottolineare come il termine “Maggiore” si riferisca ai significati di “gioia, felicità e soddisfazione”, mentre il termine “minore” ai significati di “malinconia, abbattimento e depressione”. L’oscillare tra queste disposizioni non è necessariamente frutto di una scelta lucida e cosciente, ma rappresenta il manifestarsi di un istinto di sopravvivenza e conservazione, per il quale si genera una spinta per spostarsi dalla posizione di “minore” e raggiungere la posizione “Maggiore”, anche nelle situazioni in cui si porta a danneggiare qualcun altro.
Questo modello, molto diffuso nella cultura e nell’educazione occidentale vede il dialogo non come ascolto reciproco, ma come il tentativo di convincere, influenzare, vincere, sottomettere l’altro, attraverso parole o atteggiamenti non verbali.
Lo strumento comunicativo per eccellenza è rappresentato dall’argomento, che ha la finalità di affermare le proprie ragioni e dare torto all’altro, convincere e vincere il proprio nemico. Tale modalità non lascia spazio alla diversità ed è ostacolo ad un equilibrato rapporto interpersonale, avviando e alimentando meccanismi che stanno alla base della violenza, dell’ingiustizia e della guerra.
Tali meccanismi sono i seguenti:
- Escalation (le parti coinvolte non accettano la posizione “minore” e sferrano l’un contro l’altro colpi sempre più duri)
- Catena (l’energia di chi è messo nella posizione “minore” viene spostata verso una terza parte)
- Interiorizzazione (alcune persone non hanno la possibilità di difendersi o reagire, quindi accumulano dentro di sé sofferenza psichica e/o sviluppano malattie somatiche)
Pat Parfoort asserisce che voler uscire da una posizione di “minore” sia estremamente vitale per una persona o per una comunità , tuttavia il cambiamento che si manifesta violentemente diventa fonte di enorme sofferenza per sé e per l’altro e blocca le possibilità creative e di espansione che potrebbero coinvolgere ambo le parti. In queste situazioni il conflitto diventa quindi distruttivo, diventa esercizio di potere. Si perde il contatto con il proprio mondo emozionale o si viene dominati da un’unica emozione… la rabbia, che diventa furia cieca quando l’altro viene reificato e spogliato della propria dignità .
Tuttavia esistono altre possibilità : le parti all’interno di una relazione possono raggiungere entrambe un appagamento apportando delle modifiche alle modalità di espressione e di ascolto, valorizzando l’umanità così come descritto nel “Modello dell’Equivalenza”, trattato nell’articolo successivo.
BIBLIOGRAFIA
Patfoort P. (2012), Difendersi senza aggredire, la potenza della nonviolenza, University Press, Pisa.